(di Massimo De Simoni)
Il ventennale della scomparsa di Bettino Craxi è stata l’occasione per ulteriori valutazioni sull’azione dell’esponente socialista, con considerazioni positive sulla sua spinta politica innovativa che inevitabilmente si mischiano alle vicende giudiziarie che ne caratterizzarono la parte finale della vita.
Salta agli occhi l’errore grossolano di chi, volendo difendere la memoria del leader socialista, rischia di sintetizzarne la storia prevalentemente (o esclusivamente) proprio intorno al racconto e al commento di quelle vicende giudiziarie; è un torto storico – oltre che politico – nei confronti di Craxi, che non fu soltanto “tangentopoli e Sigonella” e perché alcune degenerazioni legate al finanziamento della politica interessavano l’intero sistema partitico.
Colpisce ascoltare l’ultimo intervento che Craxi fece alla Camera sul finanziamento della politica nel suo complesso; colpisce il fatto che nessuno contestò in modo netto quella che suonava come una chiamata in correità per tutto il sistema politico del momento.
Ma il limite di molte delle valutazioni in campo è probabilmente quello di essere svolte (ancora oggi) senza la serenità che meriterebbe un giudizio storico espresso lontano da contrapposizioni di parte o livori generati dalla competizione politica ed elettorale.