(di Massimo De Simoni)
Di cosa non avevamo bisogno in una fase difficile come quella che stiamo attraversando, in un momento nel quale è necessario prendere delle decisioni e spesso anche in modo veloce? Non certo di una crisi di governo come quella che si è palesata in queste prime giornate del nuovo anno e che vede prevalere i particolarismi e le soggettività sulle valutazioni di carattere più generale che – soprattutto in questo momento storico – dovrebbero avere l’assoluta prevalenza.
Le motivazioni che mossero le prime critiche di Renzi nei confronti di Conte potevano indubbiamente avere un senso ed essere addirittura uno stimolo utile per apportare dei correttivi alla pianificazione degli investimenti ed accelerare il passo su questioni centrali che riguardano il futuro sviluppo del Paese.
Le perplessità derivano invece dalla gestione muscolare del confronto e dalla scelta di aprire una crisi sostanzialmente “al buio” ovvero senza prefigurare possibili alternative compatibili con i numeri presenti in Parlamento e senza una proposta concreta, ma solo con motivazioni troppo generiche per risultare credibili; del resto chi potrebbe negare che – in questa particolare congiuntura – ogni cosa fatta dal Governo in carica poteva essere fatta meglio e più velocemente (ammesso che le due cose possano sempre coesistere)?
Le modalità di approccio dei due protagonisti sono assai diverse, da un lato c’è Giuseppe Conte che in questi due anni e mezzo di governo (anzi di governi…) ha mostrato qualità di buon tessitore degne dei politici di lungo corso sia sul piano interno che sul piano internazionale; è riuscito a far apparire quasi come naturale il passaggio da a destra a sinistra nei governi da lui guidati e si è ben accreditato presso le istituzioni europee. Sull’altro fronte c’è un Renzi che cerca invece di valorizzare altre capacità legate alla sua attitudine per l’azione veloce, per la mossa imprevedibile ma non irreversibile e quindi senza le ritualità che ne potrebbero ritardare l’efficacia; un’attitudine che non è necessariamente catalogabile tra le virtù della politica, soprattutto per chi ama (ancora!) la condivisione delle scelte e dei percorsi politici.
In sintesi un confronto tra un corsaro sempre pronto all’attacco e un sarto che cerca di cucire quotidianamente una tela che tenga insieme la coalizione necessaria per il governo del Paese. Il corsaro può affascinare, ma forse in un paese lacerato dalla pandemia e da una crisi economica senza precedenti, l’opera di un sarto può essere più utile.