(di Massimo De Simoni)
Nel Paese paralizzato dal Coronavirus si fatica a ragionare su qualunque altro tema e la doverosa prudenza sta velocemente degenerando in paura; in questo senso il virus ha già colpito tutti.
Quando nelle comunicazioni provenienti da istituzioni ed organismi sanitari si raccomanda di evitare i contatti tra persone, i gesti di normale cortesia o affettuosità come il darsi la mano o baciarsi, si capisce che dovremo accettare dei cambiamenti di abitudini e di comportamenti, a cominciare da scuole e luoghi pubblici che stanno diventando inaccessibili. Si deve fare e si farà, con senso civico e con spirito di altruismo; se in questi giorni abbiamo resistito alla ”lezione” della D’Urso che ci ha spiegato in diretta televisiva come ci dobbiamo lavare le mani, riusciremo a sopportare anche questi ulteriori cambiamenti.
Certo che in un momento così delicato un pizzico di sobrietà nella comunicazione non guasterebbe; la comunicazione dovrebbe svolgere una funzione informativa a carattere non allarmistico per fornire le notizie necessarie senza creare ulteriori preoccupazioni oltre a quelle già fisiologicamente presenti nelle persone.
Se si presentano dei servizi giornalistici parlando di “check-point della zona rossa presidiata dai militari”, si evocano alla mente scenari di guerra che aumentano in modo esponenziale l’ansia degli ascoltatori; se a fronte dell’isolamento di due comuni del lombardo-veneto (circa ventimila abitanti in totale) qualche testata nazionale titola “Mezza Italia in quarantena”, si rischia di fare più allarmismo che giornalismo.
Non dobbiamo perdere l’occasione per trarre (comunque) qualche insegnamento dalla vicenda-virus; stiamo toccando con mano che il mondo è più piccolo di quel che sembra, che nello spazio di pochissimi giorni si può passare dalla condizione di soggetti che aiutano a quella di soggetti che hanno bisogno di essere aiutati (“a casa loro” come direbbe qualcuno!) e che ci può accadere di essere rifiutati in qualche angolo di questo mondo che fino a ieri pensavamo non avesse confini, almeno per noi (o solo per noi!).
Dobbiamo – in altre parole – riprendere le misure con il senso di umanità e di solidarietà che alberga in ognuno di noi.